martedì 24 gennaio 2012

Leggènde e credènze 1°


Quante volte vi è capitato di lavare un bel maglione di lana morbidissimo e di ritrovarvi poi con una ridicola maglietta di cartone? Ecco una guida per cercare di “salvare il salvabile”…




Si dice che lana odi l’acqua calda e che i maglioni vadano rigorosamente lavati a mano e a temperature basse, con il risultato di ritrovasi con le dita congelate.
in realtà la lana, lungi dall’odiare l’acqua calda la apprezza moltissimo, fin troppo direi. infatti l’acqua calda distende completamente le fibre della lana, al punto che bastano pochi movimenti bruschi per farle attorcigliare inestricabilmente. Perciò non è l’acqua calda che infeltrisce la lana, ma i movimenti rotatori della lavatrice o l’aggrovigliamento che le imponiamo noi quando la strizziamo.
Potete applicare questa conoscenza per cercare di riammobidire e distendere un maglione che si è infeltrito prima che voi leggeste questa guida.

Riempite una pentola d’acqua e mettetela sul fuoco. Quando avrà raggiunto una temperatura di circa ottanta gradi versatela in una conchetta sul maglione che volete sottoporre al trattamento.
lasciate il maglione in immersione fino a che l’acqua non si sarà raffreddata.
a questo punto gettate via l’acqua e versate sul maglione circa un litro di ammorbidente “puro” (l’ammorbidente ha il compito di fungere da “balsamo” per la lana e sciogliere i nodi che si sono formati fra le fibre) e diluitelo con circa mezzo litro di acqua bollente.
lasciate in ammollo il maglione per una notte e poi risciacquatelo sotto l’acqua corrente senza strizzarlo.
stendetelo asciugare grondante d’acqua di modo che il peso distenda le fibre e riporti il maglione alle misure precedenti.
A seconda dello “stato” del maglione potreste dover ripetere il trattamento una seconda volta.

Fonte .... http://it.ewrite.us/



sabato 21 gennaio 2012

ANTICHI METODI NATURALI PER LAVARE

Prima della diffusione dei detersivi di fabbricazione industriale vari tipi di sostanze venivano con efficacia usate con funzione detergente. In questa pagina sono riportati i procedimenti tradizionali ordinati a seconda della sostanza vegetale su cui sono basati.


1.Sapone naturale con olio e potassa (prima ricetta).
Ingredienti e dosi:
Acqua 2 litri
Olio 1 litro
Potassa 300gr
Pece greca 300gr ogni 10 litri d’olio
Esecuzione:
Si mettono sul fuoco acqua e olio e, quando sono appena tiepidi si comincia ad aggiungere poco a poco la potassa. La pece greca si aggiunge quando si è giunti a versare metà della potassa, o anche alla fine. Non è un ingrediente essenziale; serve a produrre la schiuma, che è utile come indice della quantità di sapone utilizzato.
Se quando inizia a bollire si formano delle squamature si aggiunge acqua.
La bollitura finisce quando mettendo un bastone ritto nel centro esso resta fermo.
Poi si versa nelle forme e si fa seccare.
Sul fondo della pentola restano acqua e soda (attenzione: non toccare con le mani) (>>> è riutilizzabile?)
[Fonte: Parco Museo Jalari.]
Nota: la potassa pare si ricavi dalla lisciviazione della cenere di legno.
La pece greca, dalla resina di conifere del genere Picea. Dalla resina dell’abete rosso o peccio in particolare si ricava anche la trementina.

[Fonte: Bibl. Botanica 1]


2.Sapone naturale con olio e soda (seconda ricetta).
In un pentolone pieno d'acqua si scioglie la cenere setacciata. Si mette il pentolone sul fuoco e, sempre rimescolando, si mette poco a poco, l'olio. Dopo 10 minuti si scioglie, lentamente, la soda; si fa bollire e, sempre mescolando, si fa cuocere per un'ora. Non devono formarsi grumi. Dopo si lascia tutto riposare. Cos$igrave; il sapone e' pronto per essere tagliato.
[Fonte: Museo Etnostorico di Ucria.]


3.Sapone naturale con olio e soda (terza ricetta).
Per creare qualunque tipo di sapone, aromatizzato o meno, il primo passo è sempre lo stesso: fare il "sapone di base". Gli ingredienti fondamentali sono due. Uno è rappresentato dal grasso, che puo' essere animale (...) o vegetale (l'olio di cocco, il burro di cacao, l'olio di oliva, ecc.) I grassi vanno poi combinati e uniti ad una soluzione alcalina (piu' precisamente, idrossido di sodio): un tempo questa si otteneva facendo gocciolare l'acqua sulle ceneri di legno, mentre oggi viene prodotta su scala industriale. Il procedimento, in sintesi, e' caratterizzato dallo scioglimento di soluzione alcalina e grassi e/o oli. La parte piu' complicata e' quella di portare la soluzione alcalina e i grassi e/o oli simultaneamente alla temperatura di 38°C prima di mescolarli. Le temperature possono essere "aggiustate" in vari modi per far sí che corrispondano: si puo' far raffreddare gradualmente la soluzione alcalina, che si surriscalda mescolandola mentre fate sciogliere i grassi, oppure immergere il contenitore nell'acqua fredda per farla raffreddare piu' velocemente, o ancora potete preparare la soluzione molte ore prima e poi scaldarla a bagnomaria. Quindi, dopo averli portati simultaneamente alla stessa temperatura, la soluzione e i grassi e/o oli vanno mescolati, versati in uno stampo e lasciati indurire. Il sapone di base, puo' essere anch'esso aromatizzato: in questo caso, l'ingrediente profumato di origine naturale va aggiunto prima di versare il sapone nello stampo, e mescolato con cura, in modo che si diffonda in maniera uniforme. Il sapone pronto potra' essere tagliato usando un fil di ferro e riposto negli armadi per profumare la biancheria prima di essere utilizzato per l'igiene del corpo.
[Fonte: http://www.peter-pan.org/consumi]

4. Carbonato di soda
La soda emulsiona i grassi e li trasforma in sapone. E' quindi la base di tutte le liscivie di commercio, di tutti i liquidi detersivi. La si preferisce al carbonato di potassa, essendo meno cara di questo e altrettanto efficace, e anche alle ceneri di legno perche' la sua azione e' piu' regolare.
[Fonte: Bibl Op. Gen. 1]


5. Liscivia con cenere di legno
Si prende il cesto della liscivia, si fodera uniformemente e la' dentro si mettono i panni insaponati. Dopo si ricoprono con una tovaglia e sopra si mette la cenere setacciata.
Sopra la cenere si aggiunge l'acqua calda (ma non bollente) poco a poco, fino a che si inzuppano tutti i panni. Poi si lasciano così per una notte; al mattino si sciacquano e si stendono.
[Fonte: Museo Etnostorico di Ucria.]


6. Liscivia con cenere di legno
La liscivia si otteneva versando acqua sopra della cenere di legno sistemata su di un telo; l'acqua filtrava attraverso un colatoio, in modo da cadere in un mastello. La liscivia poteva essere usata anche da sola per lavare i panni nel mastello. Qualche anno dopo ho fatto la liscivia. Per cominciare aprii dei fori sul fondo di un barile, poi vi deposi uno strato di ghiaia per facilitare lo scarico, infine riempii il resto del barile con cenere di legno duro. Poi, molto lentamente, versai acqua piovana sulla cenere. Dopo un tempo relativamente lungo, l'acqua filtrata, o liscivia, comincio' a sgocciolare dai fondi del fondo del barile, per cadere nel sottostante mastello. Ultima operazione: feci bollire il liquido finche' divenne cosí concentrato da sostenere un uovo. (I testi relativi ai saponi e ai detersivi sono stati tratti dal testo La casa del passato di John Seymour, Ed. Idealibri, Milano 1987)


7. Cenere di fave e mandorle
"Lo stelo della fava si brucia e con la cenere che ne risulta lavano la biancheria. Anche le bucce delle mandorle vengono bruciate, e se ne servono invece della soda. Prima lavano la biancheria con l'acqua, e poi con questa specie di liscivia."
[Fonte: J. W.Goethe, Viaggio in Sicilia]


8. L'ottenimento della potassa
Il 6 ottobre 1807 Davy facendo passare una corrente elettrica da una massa fusa di KCO3 (potassa) isol˜ delle piccole sfere di un metallo molto reattivo (al contatto con l'acqua la decomponeva liberando idrogeno che per la esotermicitˆ della reazione si incendiava) che chiam˜ potassio. Il nome latino (Kalium) da cui deriva il simbolo si ricollega alla preparazione dei primi composti di questo elemento che coinvolgevano delle ceneri che in Arabo si dicono Al kali. Il nome scelto da Davy deriva dalla sostanza di partenza, la potassa, nome composto da pot (pentola) e ashes (ceneri). In questo modo si richiama il processo di ottenimento di KCO3 che prevedeva la lisciviazione delle ceneri di opportune pianti in grandi recipienti.
[Fonte: http://www.chim1.unifi.it/dida/elementi/potassio.htm]


Nota: Come si sara' visto leggendo fin qui esiste una certa confusione nella terminologia fra soda e potassa. In generale dovrebbe intendersi per soda l'idrossido di sodio e per potassa il carbonato di potassio, ma in 4. si chiama soda il carbonato di soda (che e' probabilmente carbonato di sodio). Da questa fonte sembrerebbe inoltre che soda e potassa siano intercambiabili nella formazione del sapone, come del resto sembra di poter dedurre dalle ricette 1. e 2., molto simili ma una facente uso di potassa, l'altra di soda.
Inoltre in 3. viene detto che dalla lisciviazione delle ceneri di legno si ottiene l'idrossido di sodio mentre in 8. viene detto che dallo stesso procedimento si otteneva la potassa. A me pare che 8. sia fonte piu' attendibile.


9. La saponina
"E’ una sostanza organica complessa, acre, amara, solubile nell’acqua che rende schiumosa. Esiste in gran numero di piante indigene: l’arum maculato, la parietaria dei muri, l’edera, le castagne d’India, le silene, la radice della saponaria, ecc.
La saponina emulsiona i corpi grassi e resinosi; ha dunque le proprieta’ detersive del sapone, ma non contenendo alcali, e’ piu’ indicata per lavare i tessuti delicati. E’ eccellente come detersivo per i capelli (shampoo). In orticoltura e’ utilissima per la preparazione delle emulsioni insetticide e anticrittogamiche, delle quali facilita la penetrazione; e di piu’ inoffensiva pei vegetali
Le decozioni di edera (100gr di foglie in 5 litri d’acqua) e quelle di castagne d’India sono meno attive della saponina, pur contenendo tale sostanza."
[Fonte: Bibl Op. Gen. 1]


9.1 Castagne d’india
"Le castagne d’india sbucciate, lessate e ridotte in polpa si coprono con acqua bollente; si rimestano piu’ volte e si lascia riposare la miscela.
Dopo di che, questa e’ un buon digrassante per i panni."
[Fonte: Bibl Op. Gen. 1]


9.2 Saponaria
"Si usa facendone un infuso a freddo, o meglio a caldo.
La decozione di saponaria si prepara in questo modo: Si fa cuocere a lungo la corteccia in 10 volte il suo peso di acqua bollente, aggiungendo di mano in mano l’acqua evaporata. Si separa il liquido dai pezzetti di corteccia e questi si fanno bollire ancora in altra poca acqua per estrarne tutta o quasi la saponina; si mescolano poi le due decozioni cosi ottenute, dopo averle decantate. Si puo’ usare questo liquido tal quale o con l’aggiunta di sapone o di solventi varii e grassi, come sara’ indicato nei singoli casi.
Dopo l’uso della saponaria resta sulle stoffe una tinta giallastra , che si puo’ far scomparire lavando con acqua acidulata con alcune gocce d’acido citrico od acetico o con sugo di limone."
[Fonte: Bibl Op. Gen. 1
"La presenza di saponine, nei fiori, nelle foglie e nel rizoma, fa si che esse diano origine a una schiuma detergente davvero efficace tanto è vero che in alcune regioni, ancora oggi si usa un decotto di Saponaria officinalis per lavare pizzi, ricami, tessuti in seta e filati.
Per rendersi conto di questa proprietà basta un semplice esperimento che consiste nel raccogliere una cima fiorita di saponaria e stropicciarla fra le mani compiendo l'atto di lavarle. Ben presto sarà visibile un lieve strato di schiuma e infine, la pelle apparirà detersa, bianca e morbidissima.
L'uso di questa pianta consente di rifinire lavori artigianali che non di rado meritano la qualifica di artistico e rappresentano preziose quanto antiche forme di attività tradizionale; tanto antiche che cinque secoli prima di Cristo già si parlava della saponaria per sgrassare la lana che le popolazioni nomadi dell'Asia impiegavano per tessere i loro famosi tappeti, dopo averla tinta con fiori, foglie o bacche.
(...)
Oggi si riconosce alla pianta di cui ci stiamo occupando una virtù in campo cosmetico; infatti, facendola bollire in acqua per una quindicina di minuti, fornisce un decotto schiumoso ideale per lavare i capelli sottili e fragili, oppure quelli dei bambini."
[Fonte: http://www.popso.it/libro_fiori_erbe/fiori/sapone.html]

"PROPRIETA':
BELLEZZA: Un decotto di saponaria, dopo essere stato filtrato, può venir usato come shampoo rinforzante per capelli fragili e sfibrati o per detergere le pelli delicate: non ci si deve preoccupare se non produrrà molta schiuma, non è dalla quantità di schiuma che si deve giudicare la bontà di un detergente.
SALUTE: Con il decotto di saponaria si risciacqua l'epidermide colpita da acne o da psoriasi.
CURIOSITA':
Quest'erba venne coltivata fin dal Medioevo per il suo alto contenuto di saponina, sostanza presente nei gambi, nelle foglie e soprattutto nelle radici, grazie alla quale appunto esercita il suo delicato, ma profondo, potere detergente. Un decotto di saponaria, ottenuto facendo bollire le diverse parti della pianta in acqua piovana, è molto adatto a ridare splendore a tessuti antichi i cui colori siano stati offuscati dalla polvere e dal tempo."
[Fonte: http://www.thais.it/botanica/aromatiche/schedeit/sc_0033.htm]
In campo estetico si puo' preparare un eccellente shampoo per capelli fragili.
Il suo rizoma raccolto in autunno dopo la fioritura serviva per lavare la lana. La saponaria serviva anche per confezionare rudimentali paste dentifricie.
[Fonte: www.erbe.it/erbes.htm]


9.3 Edera
"Si lavano una ventina di foglie giovani e ben verdi, poi si pongono in un grande vaso e vi si versa mezzo litro d’acqua bollente; si lascia digerire per circa due ore. Si strofina il tessuto da pulire con l’infusione decantata e colata. I colori si ravvivano e la stoffa riprende il colore primitivo; ma bisogna poi lasciare essiccare con cura. Stendere senza tirare. Si lavano cosi facilmente le sete e i nastri neri."
[Fonte: Bibl Op. Gen. 1]

10. Ricetta per far diventare i capelli biondi
Non proprio quanto di piu' indispensabile si possa immaginare, comunque eccola qui, se a qualcuno puo' interessare.

A fari li capiddi brundi pigla radicata di listincu e radicata di viti e fandi chinniri et di la dicta chinniri fandi lixia e a la ditta lixia mecti fezza di vinu blancu e bugli la lixia cum la fecza et poi tindi lava la testa ki farrai li capjlli multi brundi belli e riczi.

Per fare i capelli biondi prendi radici di lentisco (pistacca lentiscus) e radici di viti, riducili in cenere: di detta cenere fanne liscivia, unisci alla liscivia feccia di vino bianco e acanto (achanthus sativus); fai bollire la liscivia con la feccia dopo di che lavati la testa con questa mistura. I capelli ti diventeranno molto biondi, belli e ricci.
[Fonte: http://space.tin.it/lettura/enania/tre.htm]

mercoledì 18 gennaio 2012

Etichetta di composizione e manutenzione - simboli di lavaggio Label composition and maintenance-cleaning symbols










Quando acquistate un capo verificate sempre la presenza dell' etichetta di lavaggio e dell'etichetta di composizione del tessuto.

In questo modo sarete tutelati nell'acquisto.
Una Pulitura seria ritiene neccessaria la presenza di entrambe le etichette per eseguire il trattamento di lavaggio, spesso i simboli di lavaggio impediscono il lavaggio in acqua semplicemente perché a livello domestico non sono disponibili le attrezzature o i prodotti presenti in un laboratorio di pulitura.
Prima di acquistare un capo valutate e ragionate  bene sul modo in cui verrà utilizzato:
· Se acquistate un capo bianco, ad esempio un giaccone, verificate che sia consentito anche il lavaggio in acqua, in quanto il solo lavaggio a secco non riuscirà a togliere la tipologia di sporco (ingrigimento dovuto anche all’inquinamento atmosferico) che generalmente si forma su questi capi.
· Se volete acquistare un capo da indossare a pelle tenete in considerazione che il lavaggio a secco non toglie il sudore.
· Se acquistate capi con materiali diversi esempio tessuto e pelle i colori dei materiali non devono essere in contrasto tra loro, e dovete mettere in conto a livello di pulitura, delle maggiorazioni di prezzo, o per la ritintura della pelle nel caso del lavaggio a secco, o per tipologie di lavaggio dedicate nel caso di lavaggio in acqua.
Quando comperate un capo solo lasciandovi portare dall'istinto, dalla moda
momentanea o perché semplicemente vi piace e non tenete conto dei consigli elementari riportati sopra, di solito prima dell'eventuale lavaggio in acqua o pulitura a secco vi sentirerte dire da chi riceve il capo in lavanderia:
· Che sarebbe necessario un lavaggio non concesso dall'etichetta e quindi sarà il cliente a doversene assumere la responsabilità ( RC responsabilità cliente)
· Si vedrà rifiutare il capo ( segno questo di incompetenza e mancanza di esperienza da parte del pulitintore ).



martedì 17 gennaio 2012

Pulitura capi, borse, stivali e scarpe in pelle scamosciata

Pulitura capi, borse, stivali e scarpe in pelle scamosciata




Per capi in pelle scamosciata si intendono tutti i tipi di pelle che presentano al tatto il classico aspetto velour o vellutato. Normalmente i capi scamosciati sono prodotti con pelli ovine (montoni rovesciati), bovine (croste di vitello) caprine e molti altri tipi.







La pulitura di questo tipo di pelle prevede il lavaggio a secco con solvente non aggressivo e la preventiva  smacchiatura del capo nei punti dove lo sporco è più tenace o delle macchie specifiche (penna, sangue etc.). In questa fase il capo è trattato con additivi ed ammorbidenti, in seguito ogni singolo capo è trattato manualmente con dei prodotti ingrassanti che ridonano al capo morbidezza e colore. Successivamente ogni capo è spazzolato a mano da operatori specializzati che contemporaneamente controllano sporco o macchie rimaste segnalando eventuali riparazioni sartoriali da eseguire o ritocchi di colore nelle parti di maggiore usura.








Con le nuove tecniche ora anche alle pelli 
scamosciate e  possibile cambiare il colore.



Pulitura capi, borse e calzature in pelle liscia

Pulitura capi, borse e calzature in pelle liscia





Per capi in pelle liscia o nappe s’intendono quei capi prodotti normalmente con pelli bovine (vitelli), che hanno come caratteristica l’aspetto della colorazione lucida o leggermente opaca, a seconda della rifinitura. Per questi tipi di colorazione possono essere impiegati coloranti con pigmenti, che nella maggior parte dei casi fanno apparire il capo con una colorazione molto uniforme, e quindi anche più semplice da ripristinare, o coloranti all’anilina, che donano alla pelle morbidezza ed un aspetto molto naturale. Quest’ultimo tipo di rifinitura è di solito applicata a nappe di pelli molto morbide e quindi di alta qualità, creando pero’ difficoltà al momento del ripristino della stessa in quanto sono molto difficili da trattare.
E’ proprio in questo tipo di lavorazione che l’esperienza e la qualità dei prodotti, da noi impiegati, ci portano ad ottenere ottimi risultati.
La pulitura di questo tipo di pelle prevede, successivamente alla presmacchiatura, il lavaggio dell’interno e dell’esterno del capo con prodotti ingrassanti ed ammorbidenti.


http://www.facebook.com/groups/314810098564056/



Successivamente il capo è pronto per essere trattato, da personale altamente specializzato, con prodotti coloranti applicati a mano e con aerografi, che ridonano ad esso la lucentezza ed il colore originali o lo cambiano a richiesta  senza intaccare minimamente la morbidezza del capo.
Infine il capo viene stirato, fatti eventuali interventi sartoriali, applicati prodotti isolanti ed antimacchia.








LAVAGGIO A SECCO

LAVAGGIO A SECCO


La dicitura "a secco" ha origine dal fatto che gli indumenti dopo il lavaggio vengono estratti già asciutti. Una spiegazione più tecnica è che il liquido impiegato è uno speciale solvente molto volatile che nella fase successiva al lavaggio, l'asciugamento ad aria calda 50/60°  evapora velocemente 20/25' dalle fibre tessili a differenza di quanto avverrebbe utilizzando l'acqua; di conseguenza, anche se l'indumento durante il lavaggio viene investito da una pioggia continua di tale solvente esso non si sgualcisce e non si restringe.

Questo liquido è un solvente , il Percloroetilene che agisce specialmente sulle macchie di natura grassa, staccando anche tutte le impurità che vi aderivano. Esso penetra facilmente nelle fibre a causa della sua bassa tensione superficiale. Il Percloroetilene, in virtù del suo alto peso specifico, 1850 grammi a litro offre anche un'efficace azione meccanica, per cui esso asporta molto bene anche le più minute particelle di sporco.
il simbolo del lavaggio a secco con Percloroetilene

Il tetracloroetene (o tetracloroetilene o percloroetilene) è un alogenuro organico. La sua struttura è assimilabile a quella di una molecola di etene i cui quattro atomi di idrogeno sono stati sostituiti da altrettanti atomi di cloro.
A temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall'odore di cloro, più denso dell'acqua. È un composto nocivo per inalazione e pericoloso per l'ambiente (come molti alogenuri organici è scarsamente biodegradabile). Non è infiammabile.
Viene utilizzato nelle lavanderie a secco, come solvente per lo sgrassaggio dei metalli, nell'industria chimica e farmaceutica, nell'uso domestico.
In Italia, la legge considera i rifiuti contenenti tetracloroetene come "rifiuti pericolosi", tali rifiuti non devono essere smaltiti in fognatura.





LA MANUTENZIONE DEL TAPPETO 2° parte



LE TARME
Le tarme oltre a provocare gravi danni, sono anche difficili da scoprire. Vivono e si riproducono in ambienti con poca illuminazione, e sono divoratrici di lana. Normalmente stazionano nel pelo e depongono milioni di uova nel giro di poche settimane. A volte mangiano la lana all'altezza del nodo, per cui il tappeto anche se appare integro, perde la lana quando viene aspirato.
In questi casi occorre irrorare il tappeto con disinfestanti particolari e rinchiuderlo in contenitori a tenuta ermetica per almeno un mese. Dopo un lavaggio energico, si può procedere al restauro.
Una astuzia per evitare il flagello delle tarme è quello di mettere nella stanza un vaso contenente delle piume: le tarme tralasceranno certamente il tappeto per deporre le loro uova sulle piume.



PICCOLE RIPARAZIONI
Piccoli interventi di riparazione al tappeto possono essere fatte da tutti: è sufficiente essere in possesso di un solido ago e del filo di lana assortito, che potete procurarvi presso i negozi di prodotti di artigianato o nelle mercerie più provviste.
Alcuni tappeti hanno tendono ad incurvarsi agli angoli; si può evitare questo inconveniente stirandoli: quando il problema non si riesce a risolvere, occorre intervenire con riparazioni più complicate che è bene lasciare ad uno specialista.
Se il tappeto tende seccarsi, il problema è causato dalla lana che è portata a perdere i suoi grassi essenziali, si può restaurare in un modo abbastanza facile: stendete il tappeto su una superficie in piano, prendere un pugno di vello di montone appena tosato e non ancora trattato, e strofinarlo su ogni lato del tappeto, in questo modo ridarete al tappeto una certa quantità di lanolina.



IL RESTAURO
In caso il tappeto abbia dei danni gravi, è necessario procedere ad una vera e propria opera di restauro, lavoro così difficile ed impegnativo che occorre lasciare ad artigiani esperti e competenti.
Il restauro ha il fine di conservare e proteggere (restauro conservativo) il tappeto o di ricondurlo allo stato originario (restauro integrativo). Determinate l'importanza, l'età e la provenienza del tappeto, il restauratore ne analizza lo stato generale, sia al dritto che al rovescio, alla luce del sole; poi passa allo studio dei danni per identificare il tipo di intervento da effettuare. Il tappeto viene sottoposto a lavaggio, al fine di lavorare su fibre pulite, elastiche e morbide e per poter valutare correttamente i colori.
Questa operazione, data l'abilità e le conoscenze richieste, è piuttosto costosa e quindi deve essere eseguita solo se si è in presenza di un tappeto di elevato valore e se il costo del restauro (che non deve mai essere superiore al valore del tappeto) è conveniente.



IL BUCO
Un buco può essere provocato da cause diverse (bruciature, animali, attriti violenti causati da oggetti trascinati); se il tappeto è molto sporco le fibre perdono la loro elasticità, tendono a spezzarsi e polverizzarsi, soprattutto in ambienti troppo secchi.
Restaurare un buco significa ricostruire di nuovo una parte del tappeto. Il lavoro è particolarmente complicato ed è necessario l'intervento di uno specialista.
IL TAPPETO MARCITO
Un tappeto a lungo bagnato marcisce. Per ovviare a questo problema occorre eliminare le aree marcite, generando così un buco che deve essere restaurato. Nel caso che le zone di marcitura siano molto estese, occorre valutare se il restauro sia conveniente o sia opportuno invece cucire semplicemente una fodera sul rovescio per rinforzare le parti più deboli della struttura con fili sottili e resistenti.





LE TESTATE
Le testate, cioè le parti terminali del tappeto sono costituite dai fili dell'ordito che fuoriescono fino a formare le cimose e le frange. Queste sono portate a sfilarsi e sfibrarsi. Appena il tappeto mostra i primi segni di cedimento è necessario intervenire con un restauro conservativo operando una fermatura interna non visibile.






I BORDI
Nei tappeti di pregio ad alta densità di nodi, tramati e orditi in seta, la tensione dei nodi e la rigidità della struttura possono causare l'arricciatura delle bordure, non consentendo la perfetta stesura del tappeto. Il problema è che il tappeto possa strapparsi nella parte esposta alla piega. In questi casi l'unico intervento possibile è quello di intervenire sulla struttura interna, lavoro molto complesso e delicato che richiede l'intervento di un restauratore particolarmente abile.

lunedì 16 gennaio 2012

LA MANUTENZIONE DEL TAPPETO 1° parte




LA MANUTENZIONE DEL TAPPETO
1° parte
Per assicurare una vita lunga al vostro tappeto è consigliabile applicare alcune regole fondamentali. Occorre prestare attenzione a non tenere il tappeto in luoghi troppo piccoli e bui, mentre consigliamo vivamente di evitare i luoghi eccessivamente umidi. Consigliamo di non usare un tappeto sotto mobili molto pesanti, sotto il tavolo da pranzo e vicino alla porta di ingresso per evitare l'effetto abrasivo delle scarpe simile a quello della carta vetrata. Se fosse proprio necessario inserire il tappeto sotto dei mobili molto pesanti, si consiglia di appoggiare le gambe dei mobili su dei supporti in plastica o vetro che sono studiate per distribuire meglio il peso. Il pelo del tappeto è costituito da fili di lana che emergono dai nodi. Con il tempo, con il calpestio e la polvere i fili finiscono con l'appiattirsi sul tappeto ed il pelo, pur conservando una certa nitidezza dei contorni dei vari motivi, non mantiene più lo spessore originale. In queste condizioni il tappeto è soggetto ad una usura maggiore in quanto il pelo non ha più la possibilità di risollevarsi. Quindi, consigliamo, ogni quattro-cinque anni, una pulizia completa per permettere al pelo di gonfiarsi di nuovo.


LA PULIZIA
Mantenete il tappeto sempre accuratamente pulito, in quanto lo sporco assottiglia e logora il tessuto. Per conservare il tappeto in modo ottimale pulitelo giornalmente con una scopa molto morbida, preferibilmente in saggina e ogni settimana, utilizzando un aspirapolvere non troppo potente, facendo attenzione a non rovinare le frange, passate l'apparecchio anche sulla parte inferiore. Evitare l'uso di battipanni, specialmente elettrici; ove fosse indispensabile l'uso di tale dispositivo occorre avere l'accortezza di battere il tappeto solo sul rovescio.

IL LAVAGGIO
Il lavaggio non è solo un fatto igienico igienico, ma ha importanza anche per la conservazione delle fibre naturali che riacquistano morbidezza, vivacità nei colori e lucentezza. Anticamente i tappeti venivano lavati raramente e, al fine di mantenerli puliti, si usava frizionarli in superficie con acqua e aceto o ammoniaca. Purtroppo lo smog e gli elementi chimici presenti nell'atmosfera si depositano sul pelo e, aggrgandosi alla polvere, formano una patina di grasso: con il tempo questa patina si indurisce e provoca l'irrigidimento delle fibre con il loro conseguente sgretolamento. Per cui occorre ricorrere a detergenti efficaci e delicati. Ogni quattro-cinque anni portare il tappeto al lavaggio, soprattutto se è di grande valore, presso una ditta specializzata, in quanto questa risulta un'operazione molto delicata che, se non ben eseguita, potrebbe rovinare irrimediabilmente il manufatto.Se il tappeto ha un valore che non giustifica la spesa di un lavaggio presso una ditta specializzata, potete provvedere voi stessi. Prima di eseguire questa 'operazione consigliamo di collaudare la resistenza al lavaggio di ogni colore eseguendo una prova molto semplice: inumidite leggermente un batuffolo di cotone bianco e strofinatelo delicatamente in ogni zona di colore. Se il colore non stinge il batuffolo di cotone, allora si può lavare il tappeto facendo attenzione a non usare mai alcun detersivo. Se anche un solo colore stinge, è necessario rivolgersi ad uno specialista. La stessa prova si può essere effettuatre inumidendo una piccola parte del tappeto e strofinandovi sopra un pezzo di carta assorbente pulita per verificare che non vi rimangano tracce di colore. I tappeti di piccola misura possono essere lavati nella vasca da bagno con acqua tiepida: se il tessuto è delicato, e preferibile sistemare il tappetino su di una rete di nylon per evitare pericolose tensioni quando si toglie dall'acqua. Un tappeto di grandi misure invece può essere lavato all'aperto, preferibilmente in una giornata ventosa, e steso sopra un foglio di politene. Appena spruzzata l'acqua, strofinatelo delicatamente con una spazzola di setola morbida, i risciacquarlo accuratamente e lasciarlo asciugare.

LE MACCHIE
Se vi capita di versare qualche sostanza sul tappeto, è necessario intervenire immediatamente tamponando la zona con una batuffolo di cotone secco e assorbente: consigliamo anche di inserire un foglio di giornale sotto al tappeto per proteggere il pavimento nel caso che un colore dovesse stingere.
Successivamente pulire la macchia col sapone di Marsiglia, sciacquare e fare asciugare il più rapidamente possibile, facendo attenzione ad aerare il tappeto sollevando le parti bagnate.
Non impiegare mai smacchiatori a meno che non site certi della qualità dei coloranti utilizzati nella realizzazione del tappeto.
L'etichetta dei tessuti

L'indicazione delle modalità di trattamento e pulizia dei capi di abbigliamento è obbligatoria!

Una circolare del Ministero dell' Industria ha infatti esteso anche a questo settore le disposizioni previste per l'etichettatura di un gran numero di prodotti dalla Legge 126/91 e dal relativo Decreto di attuazione (D.M. 8.2.1997, Nr. 101).

Oggi non è più possibile vendere capi sprovvisti di tale etichetta, e il consumatore può segnalare eventuali inadempienze alla Camera di Commercio, ufficio UPICA, che svolge l'attività di controllo e di applicazione delle sanzioni (in questo caso, fino a 3.000 €).

Attraverso l'obbligo di etichettatura si dovrebbe risolvere anche l'annoso problema delle responsabilità presso le lavanderie: se la pulitura rispetta l'etichetta, la responsabilità di eventuali danni rimane a carico del produttore, e verso il cliente ne risponde il venditore del capo.

TESSILI ED ABBIGLIAMENTO
L’etichetta dei prodotti tessili deve essere redatta in italiano, in linguaggio chiaro e ben leggibile. Vi deve essere riportata la ragione sociale del venditore o il marchio registrato del prodotto, la denominazione delle fibre che compongono il tessile in ordine decrescente di composizione, nonche' le disposizioni sulla manutenzione.

Composizione
Per elencare le fibre tessili che compongono il prodotto devono essere utilizzate denominazioni fissate per legge. Possono essere usate delle sigle (codici meccanografici) ma solo unitamente ad una legenda.
Per esempio: 80% CO 10% WO 10% PL
Legenda: (CO) cotone, (WO) lana (PL) poliestere

Le fibre tessili riconosciute dalla legge sono contenute nell'Allegato 1 del d.lgs. 194/1999. Ne citiamo alcune: lana, seta, cotone, lino, canapa, juta, viscosa, acrilica, poliammide (nylon), poliestere, gomma, elastan, etc.

Il prodotto composto unicamente da una stessa fibra puo' essere qualificato con i termini "puro" , 100%, oppure "tutto" seguito dalla denominazione della fibra. Non sono ammessi termini equivalenti.

Per i prodotti "misti":
- se almeno una fibra raggiunge l'85% in etichetta puo' essere indicata solo questa, con la dicitura "minimo 85%" o con la sua percentuale in peso. In alternativa puo' essere riportata la composizione completa del prodotto, per esempio cotone 85% elastan 15%;
- se nessuna delle fibre componenti raggiunge l'85% e' necessario indicare in etichetta la denominazione e la percentuale di almeno due delle fibre presenti in maggior quantita'. Le altre eventuali fibre possono essere indicate anche senza percentuale. Esempio: 40% cotone, 30% poliestere, lana, elastam.

ALTRE FIBRE: E' la dicitura utilizzabile per fibre che sono contenute in percentuale inferiore al 10%. Esempio: 90% cotone, 10% altre fibre. Se pero' il produttore vuole evidenziare una di queste fibre, deve nominare anche tutte le altre presenti, ognuna con la loro percentuale. Esempio 80% cotone, 9% seta, 6% lana, 5% viscosa.
FIBRE VARIE: E' la dicitura utilizzabile per i prodotti la cui composizione sia difficile da precisare.
MISTO LINO: E' la dicitura che indica prodotti con un ordito di puro cotone e una trama di puro lino nei quali la percentuale di lino non e' inferiore al 40% del peso totale. Essa deve essere seguita da "Ordito puro cotone e trama puro lino".